MANN, Napoli ‒ fino al 29 luglio 2018. Lo scultore altoatesino infonde alle sue opere un afflato di classicità. Dando vita a un dialogo fra antico e contemporaneo.
Come Michelangelo Buonarroti “liberava gli angeli dai blocchi di marmo”, così Aron Demetz(Vipiteno, 1972) libera le sue creature imprigionate nella materia: dal legno al bronzo, dal gesso alla resina. La mostra Autarchia, allestita al MANN di Napoli, proietta da subito i visitatori in una dimensione altra, in cui le opere dell’artista altoatesino affiancano, in una alchimia per niente scontata, quelle delle collezioni del museo napoletano. Come suggerisce il titolo, la mostra tende a sottolineare quel momento in cui l’artista si libera da ogni vincolo ideologico e si lascia andare alla propria forza creativa.
Blocchi di materia prendono sembianze terrene man mano che l’arte si fa strada in quel terreno che è sinonimo di appartenenza: diversi tipi di legno, infatti, come il cedro, la sequoia e l’acero, rivelano le radici di Demetz, tra natura e minimalismo, in un percorso artistico senza precedenti. Materiali che in alcune installazioni vedono la loro completa definizione con chiodi, cera, argilla, ferro e vetro. Ne è un esempio Fiato: un uomo scolpito nel legno, poi carbonizzato, sembra urlare dalla disperazione “rinchiuso” in una campana di vetro soffiato.
TRA PASSATO E PRESENTE
Con questa personale Demetz si interroga, e provoca così il pubblico, sulla posizione che la ricerca del contemporaneo occupa nel confronto con la distanza classica. Da qui il rapporto tra le sue sculture con quelle preesistenti nel museo. A partire dal frammento, che in generale, in qualità di reperto, racconta la storia del nostro passato, i frammenti di Demetz, perlopiù in gesso, disposti accanto ad alcune sculture, risultano di singolare impatto agli occhi del visitatore. Su tutte, l’opera Senza titolo in gesso e ferro posta vicino al Toro Farnese, la più grande scultura antica mai realizzata in un unico blocco di marmo.
Quaranta opere invadono gli spazi monumentali del museo tra la collezione Farnese, i giardini, il salone della Meridiana e l’atrio dove si trova uno dei simboli più celebri di Napoli, la Testa di cavallo o Carafa lavorata da Donatello nel 1456 circa.
IL SENSO DELLA MATERIA
Autarchia restituisce uno spaccato artistico di Demetz dal 2004 a oggi. In occasione della tappa napoletana sono state realizzate circa dieci opere esclusive, dedicate proprio al museo e alla sua storia, che dialogano in una sinergia in cui la materia sottolinea un linguaggio unico e originale. Tra antico e contemporaneo, come si evince in particolare dall’opera L’attimo fuggente. Alcune figure, distese e scolpite nel legno successivamente carbonizzato, richiamano i calchi vesuviani rinvenuti nell’antica città di Pompei a seguito dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Senza dimenticare l’opera Memoridermata, una grande installazione scolpita interamente in legno e posizionata alle spalle dell’Ercole Farnese, e, ancora, Reminiscenza: due corpi nudi, un uomo e una donna in legno di sequoia, si osservano, l’uno di fronte all’altra, come a evidenziare la fragilità dell’uomo contemporaneo.
Autarchia è una mostra dall’assoluto impatto emotivo, in cui prevale il senso della materia e del concetto in relazione al tempo, tra il contemporaneo e l’antico che, a proprio modo, esprimono il fascino intramontabile dell’eternità.
Per Artribune