Parola a Michelangelo Bastiani, curatore e artista impegnato in una indagine sul dialogo tra opera e pubblico. Anche attraverso la tecnologia.
Natura, arte e tecnologia sono alla base del suo approccio artistico. Michelangelo Bastiani (Bibbiena, 1979) nelle sue opere lascia rivivere la materia in un gioco di specchi, in cui le immagini fluttuano a mezz’aria sotto forma di ologrammi. Laureato in Pittura e Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Firenze, vola a New York all’Art Students League della Newington-Cropsey Foundation e lavora per alcuni anni come curatore di mostre legate perlopiù al Realismo americano in Europa.
Bastiani, che vive a Firenze, inizia la sua carriera artistica ispirato dal padre, pittore e docente laureato in Architettura, e si racconta a Napoli in un caffè nei pressi dell’Accademia di Belle Arti.
“La prima volta che ho realizzato un video è stato per simulare l’acqua. Tra sensori e computer, ho impiegato circa due anni per capire come realizzare opere interattive, fino a definire i risultati estetici. Sono opere difficili da esporre perché, per vederle, c’è bisogno del buio. Le prime sono state pozze d’acqua e cascate, e per renderle ‘più vendibili’ ho iniziato a realizzare le scatole”.
Come definiresti la tua arte?
La mia è “arte popolare”, per il pubblico. L’esperienza di curatore mi ha fatto nascere la voglia di far interagire le opere con il pubblico, perché quando riesco a far emozionare un bambino di 5 anni, ma anche chi ha 80 anni, arrivo al mio obiettivo. Mi interessa coinvolgere le persone e la cosa interessante è vedere che una tecnica fredda e distante, in presenza di qualcuno che crea movimento, prende vita. Oltre a far avvicinare i bambini all’arte, uno dei miei obiettivi è quello di dare l’opportunità di avvicinarli ai soggetti naturali: è la forza della natura in relazione con il pubblico che diventa attore.
Perché hai scelto questa tecnica?
Volevo usare uno strumento contemporaneo, in cui un soggetto reale viene lavorato al computer: l’acqua è fluida e non c’è mezzo migliore per reinterpretarla se non in chiave digitale. Mi piace l’idea che la gente si sorprenda. Durante una fiera a Kiev, un bambino ha giocato per venti minuti con l’installazione di un geyser.
Come nasce una tua opera?
Dietro a ogni produzione c’è un grosso lavoro di ricerca, programmazione e sviluppo. Gli ologrammi realizzati in barattolo e bottiglia nascono sulla base della Teoria dell’universo olografico del fisico e filosofo americano David Bohm, che definisce il nostro universo un gigantesco ologramma molto dettagliato. Nel microcosmo che creo, i video, che sono bidimensionali per natura, diventano realtà dinamiche e in apparenza solide.
Microcosmo all’interno di bottiglie e barattoli…
Dai vecchi magazzini e laboratori di chimica recupero bottiglie e barattoli. Graffiati e dai vetri corrosi, raccontano una storia, e questo aspetto fa la differenza: attribuisce un valore aggiunto all’opera.
Come hai realizzato Nuvola d’appartamento?
In generale, prima realizzo il progetto su carta e poi al computer definisco colori, forme, dettagli e l’animazione con un software 3D. Infine, in vetro e acciaio o alluminio, segue lo studio della struttura fisica senza la quale l’opera non esisterebbe. La scelta della nuvola nasce dal fatto di rappresentare qualcosa che non puoi possedere, come il fuoco, il vento e i tornado: la forza della natura racchiusa in un barattolo. Ma anche un tentativo folle di contenere una grande forza dentro una bottiglia, e non è un caso se sono quasi sempre senza tappo, perché sono habitat in movimento. Infine, protagonisti delle mie opere sono anche gli esseri umani come le ballerine, vere e proprie riprese realizzate con le telecamere. Insomma, ogni opera è una sfida da realizzare.
Progetti in programma?
Attualmente è in corso a Roma la mostra Troisi poeta Massimo, realizzata dall’Istituto Luce a venticinque anni dalla scomparsa dell’attore napoletano. Per l’occasione ho realizzato Omaggio a Massimo Troisi, in cui ripropongo con il mio stile vecchi filmati della Smorfia, il trio cabarettistico formato da Lello Arena, Enzo Decaro e Massimo, attivo negli Anni Settanta e Ottanta. Inoltre, sono alla ricerca di una galleria d’arte che mi rappresenti a Milano.
La produzione di Michelangelo Bastiani fa riferimento perlopiù alla forza della natura attraverso la tecnologia, e per questo ogni opera finisce con l’essere contraddittoria e interessante allo stesso tempo. Una realtà senz’anima quale è la tecnologia diventa dinamica soprattutto in presenza del fruitore. Un chiaro esempio è Viaggio al centro della Terra, un geyser islandese/vortice d’acqua di ispirazione romantica, realizzato nel 2018 a Villa Lysis a Capri con il supporto di Liquid Art System. Di circa cinque metri di diametro, si tratta di un’opera interattiva site specific proiettata a terra: un geyser installato in un contesto totalmente diverso dal suo ambiente di origine.
Per Artribune.