Magazzini Fotografici, Napoli ‒ fino al 2 dicembre 2018. Yvonne De Rosa porta a Napoli una storia dal sapore collettivo, che trae origine da un ritrovamento fortuito.
Ricerca e recupero, due parole che racchiudono un importante progetto fotografico legato alla storia di tutti noi. Dell’Italia intera, a partire da Napoli. Con la passione negli occhi di chi fa questo mestiere con dedizione, la fotografa Yvonne De Rosa (Napoli, 1975) presenta Archivio Magazzini – Chapter One, la mostra allestita ai Magazzini Fotografici.
“Passeggiando per Napoli mi sono ritrovata in un robivecchi dove noto una scatola con su scritto ‘Materiale elettrico’: era piena di negativi divisi in pacchettini numerati e mi accorgo che appartengono allo stesso fotografo. In seguito, scopro che sono scatti rimasti inediti per oltre sessanta anni”.
Così Yvonne racconta l’idea di far conoscere la mostra nata in maniera del tutto casuale. Come un continuo ritrovarsi tra il suo lavoro di ricerca e lo storytelling dettato dal progetto del momento, Archivio Magazzini propone un patrimonio culturale di grande valore storico appartenuto a un ignoto – almeno fino a oggi – fotoreporter degli Anni Cinquanta. Come precisa la seconda parte del titolo, Chapter One/Capitolo primo, questa è solo una piccola selezione di circa 10mila fotogrammi totali, custoditi in due scatole impolverate acquistate in periodi differenti.
Tra selezione del negativo, pulitura, scansione e catalogazione, è stata una corsa contro l’agire del tempo per evitare ulteriori danni alla pellicola, a cui segue inevitabilmente il lavoro di ricerca, e quindi di confronto del materiale tra passato e presente. Tra i protagonisti degli scatti selezionati: il compositore russo Igor Fedorovic Stravinkij, Eduardo De Filippo, l’ex sindaco di Napoli Maurizio Valenzi e Nino Taranto. Ancora, Jacqueline Kennedy in vacanza a Capri, il ritorno di Anna Magnani dall’America e Sophia Loren. A propositi di quest’ultima, Yvonne precisa di aver trovato un pacchettino con su scritto Contrabbandiere incinta e di aver scoperto, dopo un’approfondita ricerca, che si trattava della contrabbandiera alla quale si è ispirato il film Ieri, oggi, domani (1963) di Vittorio De Sica con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, tra l’altro vincitore del premio Oscar nel 1965 come Miglior film straniero.
IL PROCESSO DI RECUPERO
La mostra Archivio Magazzini fa parte di un nuovo percorso di “recupero”, obiettivo già avviato all’inizio della sua carriera da De Rosa con il lavoro dedicato alla Terra dei fuochi e all’ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli, in cui il silenzio assordante di quelle stanze sinistre, lettere, documenti e altri oggetti ‘parlano’ al posto di coloro che hanno vissuto quel luogo, perché “le fotografie servono a recuperare la memoria perduta”, come precisa l’artista. Le immagini sono raccolte nel libro Crazy God e, nel dicembre 2007, sono state premiate dalla World Health Organization e successivamente esposte a Venezia in occasione della World Conference on Poverty and Health.
Ma anche in Hidden Identities Unfinished, il progetto realizzato in Romania e in Bosnia-Erzegovina nel quale, in collaborazione con un’organizzazione non governativa inglese, attraverso gli sguardi delle persone meno fortunate De Rosa documenta un mondo probabilmente poco noto. La ricerca, quindi, rappresenta una costante nella visione artistica di Yvonne, che dopo la laurea in Scienze Politiche all’Università degli Studi di Napoli Federico II si trasferisce a Londra dove studia al Central Saint Martins College of Art and Design. Tornata a Napoli dopo alcuni anni, nel 2015, nell’ex borsettificio Ines, fonda Magazzini Fotografici nell’antico Palazzo Caracciolo D’Avellino: uno spazio arredato perlopiù con materiali riciclati e restaurati è dedicato esclusivamente alla fotografia e si presenta come un luogo di scambio, di interazione e incontro aperto a tutti.
INSTAGRAM E FOTOGRAFIA DIGITALE
In merito alla fotografia digitale e a Instagram come piattaforma di divulgazione di massa, Yvonne, che attualmente sta lavorando a un altro progetto in Albania, precisa: “Siamo nell’era in cui si scattano milioni di fotografie al secondo, e credo che a volte sia più importante non fare una fotografia – e vivere il momento – piuttosto che farla”.
Per Artribune.