Anna Laudel Contemporary, Istanbul ‒ fino al 26 ottobre 2018. Crocevia di culture e imperi, Istanbul è storicamente ritenuta la porta tra Oriente e Occidente. Lo stesso territorio da cui Daniele Sigalot ha tratto ispirazione negli ultimi mesi per la grande personale allestita nella galleria turca.
Istanbul è una città immensa e caotica, che ti trasporta nelle sue numerose strade, ma è anche la città del Bosforo e del Corno d’Oro che divide Europa e Asia, e tutto questo Daniele Sigalot(Roma, 1976) lo lascia raccontare alle trentotto opere esposte in cui, per la prima volta, impiega materiali nuovi, ottenendo risultati scenografici. Oltre alle opere in cui è facile riconoscere la sua identità artistica, come Yellow (2017), Enough (2017), la Magic Pen del 2017 e i paper plane, questa volta Sigalot presenta opere inedite che sottolineano una singolare appartenenza al territorio e che raccontano le sue radici romane.
La mostra si articola nelle undici sale dei tre piani della galleria, in cui primeggiano opere in acciaio e ferro: quattordici mappe incise a laser su acciaio lucido “super mirror” che riproducono alcune zone di Istanbul, sia del lato europeo che asiatico come Karakoy, Kadikoy, Corno d’Oro, Gran Bazar, l’isola di Buyukada. Non mancano la mappa del palazzo del sultano ottomano Topkapi, inciso su lamina dorata come il centro antico di Roma, e la mappa di Costantinopoli del 1442, disegnata dal cartografo fiorentino Cristoforo Buondelmonte.
PAROLA ALL’ARTISTA
Per l’occasione, abbiamo raggiunto Sigalot al telefono chiedendogli di raccontarci il trasferimento a Istanbul nello studio dell’artista Kemal Tufan e il lavoro di ricerca svolto sul territorio.
“L’idea di realizzare lavori basati su mappe geografiche Google ha uno spunto molto autobiografico. Avendo vissuto in molte città (Roma, Milano, Barcellona, Londra e Berlino) mi viene naturale pensare come le città ci cambino e influenzino, e questa serie di lavori si basa semplicemente su tale concetto. Una volta che su una lamina di acciaio lucido viene incisa una mappa di una zona di una città, si creano geometrie distorte in cui edifici e strade esistono solo quando qualcuno cerca di riflettere la propria immagine. Questa serie si intitola appunto ‘A portrait of you in Gezi Park’, ‘A portrait of you in Rome’ e così via, a seconda del posto”.
Quasi come un invito, una speranza per coloro che pianificano e danno vita alle mostre d’arte, Buy now conta 1400 fiori sintetici di tre tonalità che compongono la scritta da cui trae il titolo l’opera. Non mancano i lavori di percezione cartacea ma di natura metallica, una prerogativa nell’arte di Sigalot, come i post-it Dear Art, i totem delle “cattive e buone idee”, 140 aerei in acciaio lucido e in ferro arrugginito di diversa grandezza e due grandi varianti di 180 cm.
“Dopo aver vagato per ore a vuoto nelle vie limitrofe del Gran Bazar in cerca di ispirazione, mi sono trovato in un negozio di oggetti per la casa dov’era una piccola nuvola di spugne sintetiche appese al soffitto. Questa mi ha dato l’idea di come potessero sembrare questi oggetti se, accatastati l’uno sull’altro, perdessero la propria identità originale per trovarne un’altra solo se sommati”, dichiara Sigalot in merito all’opera 3900 sponges on the floor(2018).
“È un processo che mi affascina e fortunatamente la galleria mi ha assecondato nel mio desiderio, aiutandomi a recuperare 3900 spugne di 13 tonalità diverse. Poi sono stati necessari un paio di giorni chiuso in una stanza a cercare di creare un paesaggio plausibile che inganni l’occhio, che sembri famigliare e alieno allo stesso tempo. Uno scenario che ti fa gridare ‘Voglio tuffarmici’. Cosa che ovviamente io e i ragazzi della galleria abbiamo fatto”. Il risultato finale sembra quasi un paesaggio 3D che fluttua nel buio.
TOTEM E PESSIME IDEE
Everything that could have been but wasn’t, now is (2018), invece, segue il filone dei totem di carta: una palla di 300 cm di diametro realizzata con 5500 fogli A4 di alluminio, accartocciati e fissati l’uno all’altro fino a creare quella che vuole essere una raccolta di tutte le peggiori idee dell’artista e trova spazio al terzo piano della galleria.
“L’installazione entra a mala pena nella stanza che è larga 370 cm, cui si accede attraverso una porta di 80 cm. Dopo sette anni passati come creativo in pubblicità e dodici nel mondo dell’arte, mi ritengo a pieno diritto uno dei più grandi produttori di cattive idee al mondo. Penso che per avere una buona idea se ne debbano avere una buona quantità di pessime. Mi sono chiesto se raccogliendo tutti questi scarti e sommandoli in una forma geometrica come quella di una sfera, non avessero potuto spogliarsi del loro destino fallimentare e trasformarsi in una buona idea. Insomma, un processo di redenzione delle idee o una forma di riciclo”.
Il risultato è scenografico e di grande impatto. Chiude la personale l’autoritratto in acciaio lucido dorato dal titolo If you show me your empathy, I’ll show you mine (2018), in cui l’artista “costringe” lo spettatore a riconoscersi all’interno della sua silhouette frammentata. Ciò che si evince dalle parole di Daniele Sigalot, che tra l’altro ha partecipato anche alla 13esima edizione di Contemporary Istanbul, è il forte senso di appartenenza al territorio. Senza dimenticare le proprie origini, ma essendo cittadino del mondo.
Per Artribune