CASAMADRE, NAPOLI – FINO AL 19 SETTEMBRE 2019. L’ARTISTA NAPOLETANO ERNESTO TATAFIORE VA IN MOSTRA NEGLI AMBIENTI UN TEMPO OSPITI DELLA MODERN ART AGENCY DI LUCIO AMELIO.
Ernesto Tatafiore (Marigliano, 1943) torna a ricordarci che l’arte è senza tempo e che tutto ritorna. Sculture in ferro, bronzo, dipinti su carta e tela di differenti dimensioni riempiono le sale di CasaMadre Arte Contemporanea, ex Modern Art Agency di Lucio Amelio, con cui l’artista ha esposto circa cinquant’anni fa, nello stesso spazio.
Intitolata semplicemente Tatafiore, la mostra è un tuffo sì nell’arte, ma soprattutto nella sua storia, attraverso la singolare e inconfondibile interpretazione, da parte dell’artista, della sua città, della figura femminile, della vita. Nella prima sala, opere sospese a mezz’aria, una accanto all’altra, ricordano quei panni stesi che “fanno tanto Napoli”, tra un palazzo e l’altro, nel reticolato urbano della città. Le tonalità del blu, nero, rosso, grigio, giallo e arancione rafforzano un approccio artistico a metà tra il Surrealismo e il Minimalismo, e, consapevole del proprio tempo, Tatafiore sottolinea che comunicare con semplicità non è affatto così scontato.
A Palazzo Partanna in piazza dei Martiri, la galleria rappresenta ancora oggi un punto di riferimento importante per l’arte contemporanea a Napoli. Qui Lucio Amelio, a partire dal 1965, con la Modern Art Agency, ha dato voce in Italia ad artisti di rilievo internazionale, da Cy Twombly a Jannis Kounellis, da Mimmo Paladino a Mario Merz, Keith Haring e Robert Rauschenberg. La stessa piazza, centro culturale di quel periodo, che fu anche di Andy Warhol, Joseph Beuys e del regista Mario Martone ai suoi esordi.
NAPOLI COME ITACA
Ernesto Tatafiore è stato testimone di tutto questo fino a partecipare, con 23 novembre 1980 (acrilico su cartone intelato e legno), alla collezione-mostra Terrae Motus alla Reggia di Caserta, progetto di Lucio Amelio nato a seguito del terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980. La materia, impressa e plasmata sul supporto di turno, libera un’arte leggera e profonda allo stesso tempo, che sfiora temi assai cari all’artista come la Rivoluzione francese nei primi lavori degli Anni Ottanta attraverso le figure di Robespierre, Maria Antonietta e della ghigliottina, poi il Vesuvio fumante con zampilli di lava, Masaniello e i profili delicati e sensuali della donna come sirena, talvolta ispirati a Partenope che, leggenda vuole, fondò l’omonima città, oggi Napoli, e altri riferimenti legati alla cultura locale.
Bivulcanico (1990), infatti, è la grande opera in acrilico su cartone Fabriano che apre il percorso nella seconda sala di CasaMadre, in cui una serie di sculture in bronzo quali Penelope, Circe, Nuvolari, San Gennaro e Fidia portano il visitatore Verso Itaca I (1992), opera in acrilico e collage su cartone indiano. La cifra figurativa di Ernesto Tatafiore si misura quindi nel tratto semplice e deciso, definito da materiali differenti che raccontano un passato e un presente fatto di viaggi, metafore e pensieri, e a CasaMadre tutto questo si percepisce energicamente in ogni singola produzione.
Per Artribune.