Share the post "Da George Michael alla polvere di diamante. Russell Young si racconta"
DA FOTOGRAFO DELLE STAR A PITTORE IL PASSO È BREVISSIMO. LO DIMOSTRA LA CARRIERA DI RUSSELL YOUNG, CHE QUI DESCRIVE IL SUO PERCORSO, DAGLI ESORDI ALLE VETRINE LONDINESI DI HARRODS.
Dopo un’infanzia non proprio semplice, nel nord dell’Inghilterra, inizia a scattare le prime foto a paesaggi e animali, per poi trasferirsi a Londra e lavorare per alcuni anni con il fotografo Christos Raftopoulos. Con i primi concerti degli Smiths e dei R.E.M., inizia la sua carriera di fotografo e realizza così molti servizi per riviste importanti, fino a collaborare con George Michael nel 1987.
Dopo alcuni anni, Young si trasferisce a Los Angeles per firmare una serie di videoclip musicali, ma è all’inizio degli Anni Novanta che sceglie di dedicarsi completamente alla pittura a tempo pieno, realizzando perlopiù serigrafie di medie e grandi dimensioni spolverate di diamanti, perché così la produzione è “tattile e scultorea”, come precisa l’artista.
Il suo riferimento artistico di sempre è Andy Warhol, di cui Young conserva gelosamente una macchina da stampa che l’icona pop per antonomasia era solito usare per i propri lavori. Anche le sue opere, infatti, ripropongono i profili della cultura popolare e sono collezionate in tutto il mondo da gallerie, musei e istituzioni e spesso anche dalle stesse celebrità che Young rappresenta su tela, da Jennifer Aniston a David Bowie, da Brad Pitt a Barack Obama. La scelta di un personaggio nasce dalla voglia di raccontare quella figura, quell’argomento, in quel preciso momento, in particolare l’American counterculture degli Anni Sessanta e Settanta.
Questo nuovo capitolo della carriera di Russell Young si concretizza nel 2003, attirando l’attenzione dei critici d’arte con la serie Pig Portraits, serigrafie che ritraggono foto di celebrità
L’INTERVISTA A RUSSELL YOUNG
Hai realizzato la cover di uno degli album più belli della storia della musica internazionale. Come è nata la collaborazione con George Michael per Faith? Quale ricordo conservi di quella esperienza?
George mi ha chiamato per chiedermi se ero interessato a fotografare la cover del disco Faith, così mi ha mandato un nastro dell’album e mi sono innamorato della musica. Sapevo che dovevo creare una cover iconica.
Come mai hai lasciato la fotografia?
Perché non mi ispira la fotografia digitale, non piace Photoshop e non mi sono mai innamorato di questo nuovo modo di fare fotografia.
Raccontaci della serie A Mid Summer Night’s Dream, una serie di dipinti a olio, astratti, su larga scala.
Nella serie A Mid Summer Night’s Dream mi allontano dalle mie famose opere di icone delle celebrità. In questi dipinti chiedo allo spettatore di fare sua l’interpretazione concettuale e fisica del mondo naturale. Metto le tele sul pavimento prima di spalmarle e dipingerle. Utilizzo una vasta gamma di blu, infatti credo che i miei dipinti ricordino l’orizzonte in cui l’oceano luccicante incontra il cielo di mezzanotte.
Parlaci dei tuoi ultimi progetti Fame e Icons e del tuo ritorno a Londra.
Entrambi i progetti inaugurano un nuovo decennio, segnando il prossimo capitolo della mia continua esplorazione della celebrità come fenomeno culturale. Alla base c’è il ruolo straordinario del bello, dagli splendidi colori della California insieme alla mia firma: la polvere di diamante. Per la prima volta, il mio amore permanente per la musica e il cinema si infiltra in questi dipinti. I titoli delle canzoni, i testi e le citazioni completano i protagonisti, il lavoro, creando un nuovo linguaggio.
I Text paintings, mai visti prima, espandono e migliorano l’esperienza della mia visione, a un nuovo livello, non per spiegare ma per esaltare. A volte sono giocosi e altre sovversivi, ci sfidano a testimoniare: Bob Dylan Tangled Up in Blue, Brigitte Bardot Born to Be Wild e The Magnificent Seven e All the Young Dudes.
Come è nata la collaborazione con Harrods?
La galleria Halcyon, che mi rappresenta a Londra, ha una grande galleria all’interno di Harrods, e nei prossimi mesi terranno una serie di eventi sul tema Icons, quindi sembrava un abbinamento perfetto sia per la Harrods Halcyon Gallery ma anche per me, perché si tratta del debutto ufficiale della nuova serie Icons. Tra l’altro, in 171 anni di Harrods, per la prima volta nella storia hanno permesso a un artista di esporre i dipinti nella vetrina iconica.
Pensando alla tua carriera, cosa ti manca ancora?
Una galleria dove esporre i miei grandi dipinti astratti.
E in Italia?
Le mie vacanze estive le trascorro in Italia, e mi piacerebbe portare anche i miei quadri. E poi ho origini italiane.
Per Artribune